Legge di Stabilità, restano gli aumenti per i fondi pensione

Nella Legge di Stabilità 2015, attualmente in corso di approvazione al Senato, restano gli aumenti per i fondi pensione, nonostante un emendamento proposto da Giorgio Santini, tanto da provocare la decisa reazione della Uil che invita il governo a non menare il can per l'aia.

Continua il percorso della Legge di Stabilità 2015, attualmente in discussione al Senato. Tra le tante materie in discussione a Palazzo Madama, c'è anche la previdenza, in particolare quella complementare, che sta provocando grandi e giustificate polemiche. Dopo l'ipotesi di aumenti criticata con grande forza dall'Ania, un emendamento del relatore alla manovra, Giorgio Santini (Pd), prevede il ritorno dell'aliquota del prelievo sui rendimenti delle casse previdenziali dal 26 al 20%, mentre quella sui rendimenti dei fondi pensione tornera' al 11,5% (dal 20% previsto dall'attuale versione del ddl stabilita'), ma soltanto per la quota di investimenti "in economia" a medio e lungo periodo.
Si tratterebbe quindi di un ritorno all'ipotesi prevista quando l'esecutivo stava ancora limando il provvedimento, coi 
fondi pensione e le casse di previdenza che destineranno le loro risorse in investimenti nell'economia reale del Paese chiamate a beneficiare di un credito d'imposta. Il credito sarà spendibile per finanziare interventi mirati ad esempio sul welfare o alla riqualificazione di immobili. Il credito, però, sarà disponibile nei limiti di spesa indicati dal Governo e questo rappresenta il vero e proprio scoglio sul quale sembra destinata ad arenarsi la discussione, con i sindacati ormai palesemente all'attacco.

Rimangono gli aumenti della tassazione per i fondi pensione

(Rimangono gli aumenti della tassazione per i fondi pensione nella Legge di Stabilità 2015)

E' il segretario confederale Uil, Domenico Proietti, infatti, il primo a partire all'assalto della Legge di Stabilità, affermando che il Governo sui Fondi Pensione continua a menare il can per l'aia. A giustificare il suo duro commento sarebbe in particolare il fatto che il credito d'imposta del 6% sugli investimenti a medio e lungo termine, prevede un tetto massimo di spesa fissato a 80 milioni di euro per Casse e Fondi pensione. Inoltre, riguardando i soli investimenti infrastrutturali sarà applicato su una parte comunque minima del portafoglio a fronte del grosso il quale continuerà ad essere sottoposto ad una tassazione del 20%, limitando la sua portata ad effetti trascurabili. Per la Uil, se l'esecutivo volesse assicurare realmente il futuro previdenziale dei lavoratori, dovrebbe lasciare all'11,5% l'aliquota di tassazione dei rendimenti maturati dai fondi pensione, evitando in tal modo l'introduzione di ulteriori elementi di incertezza tali da indebolire il sistema, frenando allo stesso tempo lo sviluppo della previdenza complementare e penalizzando il risparmio di milioni di lavoratori che hanno deciso di aderire alla stessa. Critiche che ricalcano in gran parte quelle già avanzate nelle settimane passate dalle compagnie assicurative e che denunciano lo svuotamento del secondo pilastro previdenziale, lo stesso prefigurato dalla riforme pensionistiche degli ultimi decenni, in un momento in cui lo stesso sta decollando con estrema forza. 
Insomma, sembra proprio che la discussione sulla previdenza complementare sia destinata a mettere di nuovo in contrapposizione il governo guidato da Matteo Renzi e i sindacati che già hanno scioperato contro il Job Act nei giorni passati. 

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Dott. Dario Marchetti